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10 Mag

Il tatuaggio

tatuaggio

Le origini del tatuaggio sono antichissime tanto che anche sulla “mummia di Similaun”, datata ben 5300 anni fa, ne hanno trovato uno sulla schiena. Il termine tatuaggio deriva da “ta-tau”, che in polinesiano significa “segno sulla pelle”, ed è stato diffuso in Europa nel Settecento dal leggendario esploratore James Cook. Nelle popolazioni primitive, il tatuaggio non ha assolutamente nulla di trasgressivo, ma è piuttosto un simbolo di integrazione sociale. Il tatuaggio maori della Nuova Zelanda è un segno di differenziazione di rango.

Ciò che spinge a desiderare di tatuarsi è forse una grande voglie di distinguersi.

Il bisogno di sottolineare il fatto di essere diversi, unici  rispetto alla massa. Non bisogna dimenticare che nelle società primitive il tatuaggio aveva proprio la funzione di differenziare i vari gruppi sociali, oltre che quella di essere curativo.
Il tatuaggio “porta fuori” qualcosa di noi che in genere teniamo nascosto. Rappresenta il proprio modo di essere davanti agli altri.  In una società in cui l’omologazione è un fenomeno enormemente diffuso, farsi un tatuaggio aiuta ad esprimere sul corpo la propria interiorità, il proprio spirito.

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Se la tecnica del tatuaggio è rimasta invariata in migliaia di anni, le motivazioni sono molto cambiate.

I ragazzi oggi si tatuano per anticonformismo, rifiuto dell’omologazione, ribellione, distaccandosi così dall’idea di segno di appartenenza a un gruppo, tipica della cultura polinesiana.  Oggi si sceglie il tatuaggio per esorcizzare la solitudine,  la paura, e l’insicurezza.

Il tatuaggio è un messaggio, è comunicazione con sè stesso e con la società, racconta della propria vita, dei propri sentimenti. Da qualche anno è anche nata e la “psicologia del tatuaggio”  a causa della enorme diffusione del fenomeno.  La zona da tatuare cambia a seconda del sesso: gli uomini preferiscono la schiena, la spalla e le braccia. Le donne prediligono la caviglia e il polso, zone che si prestano a disegni più piccoli come fiori e farfalle. Il soggetto più tatuato è il drago. Simbolo di unione tra cultura orientale e occidentale, il drago rappresenta la forza originaria e generatrice. Sempre in tema di rettili, anche il serpente è un soggetto molto tatuato e rappresenta un simbolo fallico.

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Non mancano i tantissimi estimatori dei motivi astratti, primi tra tutti i tatuaggi “tribal”. Si tratta di grandi macchie nere, con il tratto spesso e le curve che ricordano i disegni maori. È il tatuaggio prediletto di chi rifiuta la massificazione e avverte la necessità di differenziarsi lasciando segni indelebili sul proprio corpo. Gli ideogrammi giapponesi sono anch’essi molto diffusi e rivelano un animo raffinato, uno spirito riflessivo.
C’è chi si tatua per giurare eterna fedeltà al proprio partner o al proprio amico, c’è che si tatua dopo aver patito un grande dolore fisico, emotivo, sentimentale.  In fondo, ognuno è portatore di esperienza, ognuno ha la sua storia, ed è libero di rappresentarlo visivamente con la sintesi grafica di un tatuaggio. L’importante è considerare che il tatuaggio è un mezzo per comunicare qualcosa di sè, non è un semplice disegno trendy o un simbolo per apparire sexy e aggressivo.

Per chi fosse interessato a diventare un tatuatore professionista, segnaliamo i corsi di operatore tatuaggio curati da Gesfor, Centro Chiaia, Scuola Comics ed Assofram.

Segnaliamo anche l’evento International Tattoo Fest, in programma dal prossimo 20 maggio alla Mostra d’Oltremare di Napoli.

Staff
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