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26 Apr

Dea Madre

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Dea Madre, bellezza e simbolismo.

La Dea madre rappresenta varie divinità femminili e simboli materni della creatività, della nascita, della fertilità, dell’unione sessuale, della nutrizione e del ciclo della crescita. Il termine è stato applicato anche a figure così diverse come le cosiddette Veneri dell’età della pietra e la Vergine Maria. Poiché la maternità è una delle realtà umane universali, non c’è cultura che non abbia impiegato un certo simbolismo materno nel rappresentare le sue divinità. A causa delle ampie variazioni che riguardano le figure materne, c’è una pressante, ma ancora insoddisfatta, necessità di una tipologia più complessa e utile di dee madri e di motivi materni basati sul significato, sul simbolismo e sulla funzione. Le dee madri, come tipologia specifica, vanno distinte dalla Terra Madre con la quale sono state spesso confuse. A differenza della Dea Madre, che è una specifica fonte di vitalità, .a Madre Terra è una figura cosmogonica, la fonte eternamente feconda di tutto. Al contrario, le dee madri sono individuali, possiedono caratteri distinti, sono giovani, non sono cosmogoniche e posseggono precisi riferimenti di carattere sessuale. Sebbene il maschio svolga un ruolo relativamente meno importante, essendo spesso ridotto a mero fecondatore, le dee madri sono di solito parte di una coppia divina, e la loro mitologia narra le vicissitudini della dea e della sua (spesso umana) consorte. I momenti essenziali del mito della maggior parte delle dee madri sono la sua scomparsa e riapparizione e la celebrazione del suo matrimonio divino. La sua scomparsa ha implicazioni cosmiche. La sessualità e la crescita diminuiscono. La sua ricomparsa, la scelta di un partner maschile e i rapporti sessuali con lui ripristinano e garantiscono la fertilità, dopo di che il partner maschile viene spesso messo da parte o mandato negli inferi per essere sostituito l’anno successivo. L’altra forma maggiore della dea madre sottolinea la sua maternità. È la protettrice e nutrice di un bambino divino e, per estensione, di tutta l’umanità. Questa forma è più frequente nell’iconografia: una figura a petto pieno (o a molti petti) che tiene in braccio un bambino, piuttosto che nel mito.




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Michela Regini
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