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6 Lug

La fascinazione della nudità

La fascinazione della nudità.

Per quanto si rincorrano i secoli, mutino le ideologie e le tecnologie, si alternino le forme di governo, i riferimenti culturali e le strategie di comunicazione, ciò che è destinato a non mutare mai è la straordinaria fascinazione che nasce dalla nudità.
Abbiamo orpelli d’ogni genere ormai, non facciamo che accrescere ogni istante ciò di cui ricoprirci, nel corpo e nella mente (oltre che nel nostro tempo, non facciamo che sovrapopolarci di impegni!)…eppure, il più grande piacere per il nostro sguardo e il nostro spirito nasce e trova compimento lì, tra le semplici e meravigliosamente esposte pieghe dei corpi.
L’ esaltazione del corpo in movimento, l’ evidenza dei volti e delle espressioni in ambienti rivestiti soltanto di luce naturale è, già dagli anni rinascimentali, il focus dell’umana attenzione artistica.

La donna come oggetto di osservazione.

Da sempre i corpi femminili sono non solo carne e sangue, ma strumento privilegiato per veicolare precisi messaggi, ammirati per le fattezze ma anche  “territorio” in cui uomini hanno combattuto guerre e stipulato paci, dallo ius primae noctis fino agli stupri di guerra.
La Donna era, inizialmente, più un oggetto di osservazione e studio che un soggetto: un oggetto idealizzato, pregiato, sofisticato e sfuggente, oppure minaccioso, eccitante, pericoloso e demoniaco.
Le “figlie di Eva” hanno trascinato con sé da sempre una condanna segreta: la maledizione di essere incomplete e, pertanto, di dover essere relegate ad una vita dedicata alla famiglia, alla maternità, alla consolazione dell’amore: di questa concezione le immagini figurative sono divenute la rappresentazioni collettiva.

Il corpo sacro tempio dell’anima.

In età medievale, a seguito della diffusione della cultura derivata dal Cristianesimo, il corpo venne intenso come sacro tempio dell’anima, che doveva essere, ad ogni costo, preservato da impulsi carnali, forieri di grave peccato al cospetto di Dio.
Eppure gli impulsi continuavano ad esserci. Bisognava cercare un colpevole. Meglio UNA colpevole: la Donna, che sovente, nel periodo, personificava l’allegoria della Lussuria e, perfino, Satana, attraverso il ricorso ad una nudità cruda e morbosa che indugiava nella raffigurazione dettagliata degli attributi sessuali.
Tirate un sospiro di sollievo, tuttavia…presto tutto sarebbe cambiato. Tutto.

Figure femminili espressioni del divino.

Le figure femminili divennero presto vere e proprie neoplatoniche espressioni del divino, quali la celeberrima Venere di Botticelli, un’asessuata creatura celeste, dalle linee geometriche perfette, che sdegna l’agitarsi tumultuoso delle umani e basse passioni, o le prestanti figure, sovrumane e distanti, dai tratti di matrice classica, che si devono al genio di Michelangelo.
Si dovrà attendere il Tiziano per celebrare finalmente l’apparire di donne vere, come la Venere di Urbino.

I capolavori del Rinascimento.

Circa 28 anni prima dell’opera di Tiziano, precisamente nel 1506, Giorgione ci aveva fornito uno dei primi esempi di ritratto di una fanciulla che, con grazia, discostava la camicetta e mostra un seno scoperto. Non si trattava dell’effige di una meretrice né di una cortigiana, bensì di quella di una promessa sposa, probabilmente di alto lignaggio.
Quanto bisognerà attendere per sdoganare la reclusione del nudo nei precostituiti box di “volgare” opposto a ”virginale”?
Tanto. Troppo. Forse quel momento non è ancora giunto.
Eppure, la nudità è ancora il più ancestrale tra gli spettacoli a cui l’uomo ama assistere.

Marianna Tufano

Staff
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